Pubblicazione ItaliaOggi del 4 Dicembre 2018
E-Fattura, più tempo ma restano i dubbi
Chi era in ansia per la fatturazione elettronica si rassereni. Riepiloghiamo: per buona parte del 2019, di certo fino al 30 giugno (ma già si prefigura una proroga al 30 settembre), i ritardi nell’emissione delle fatture che non incidono sulla liquidazione dell’Iva non saranno sanzionati, grazie all’articolo 10 del decreto legge 119/2018. Poi, se il ritardo fa rientrare la fattura nella liquidazione del periodo successivo (mese o trimestre) «godrà» della riduzione dell’80% delle sanzioni. Inoltre, la stessa norma, all’articolo 11 prevede dieci giorni di tempo dalla data di effettuazione delle operazioni per emettere le fatture in via definitiva e generale a partire dal 1° luglio 2019. Tutto risolto allora? Neanche per idea. Anzi, il quadro normativo resta scollegato dalla realtà fattuale che vorrebbe regolare. Infatti, le nuove norme non solo non risolvono con razionalità le situazioni che vedono sorgere l’obbligo di fatturazione quando gli uffici amministrativi sono chiusi (l’acquisto alle ore 23.00 dell’ultimo giorno del periodo di liquidazione dell’Iva di un software consegnato in tempo reale vedrebbe comunque sorgere l’obbligo di emettere e trasmettere la fattura entro le 24 dello stesso giorno), ma in più getta il cliente nel dilemma dell’emissione o meno dell’autofattura, il cui termine di quattro mesi è ben più stretto dell’agevolazione del primo semestre 2019. Comunque, si è ben lontani da una gestione normativa coerente di un adempimento, la fatturazione, che, nato cartaceo e senza grandi vincoli di trasmissione, nella versione elettronica mal applicata diviene un assurdo ulteriore giogo sulle spalle delle partite Iva. In periodo natalizio come non pensare che fra il Santo Natale 2019 ed il capodanno 2020, in base alla normativa vigente, nessun reparto amministrativo o piccola partita Iva potrà nemmeno pensare alle meritate ferie invernali bensì restare vigili e connessi allo Sdi (in Sistema di interscambio delle fatture elettroniche)? Una soluzione per colmare le deficienze maggiori della normativa in realtà, in fondo al tunnel, si vedrebbe: lasciare permanente e generale la facoltà di fatturare liberamente all’interno del periodo di liquidazione dell’imposta con la possibilità di sforare di dieci giorni (entrando nel periodo successivo) per le operazioni verificatesi nell’ultima decade, sempre del periodo di liquidazione dell’imposta, in modo che, ad esempio, l’incasso di un professionista del 21 dicembre possa essere fatturato, o almeno trasmesso, entro il 10 gennaio dell’anno successivo.
Nicola Mavellia
L’auto elettrica è il futuro, ma non convince i clienti
Il settore automobilistico ha ufficialmente intrapreso la via del futuro, ovvero il mondo delle auto elettriche. Volkswagen ha annunciato una linea produttiva di 330 mila veicoli elettrici annui, in Italia la Fca ha optato per un restyling della 500 puntando sull’elettrico, che verrà prodotta a Mirafiori, mentre la Toyota continua a lanciare nuovi modelli. La E-Car è il futuro, ormai è chiaro, ma perché fatica a convincere i consumatori? I motivi sono diversi, i problemi che persistono sono ovviamente i prezzi non modici oltre a auto con design non accattivanti, ma alcune ricerche dimostrano che tra le principali ragioni ci siano disinformazione e difficoltà nel capire i concetti chiave dell’uso di una E-Car. Proviamo a rendere meno strano questo caso; innanzitutto l’auto elettrica equivale a un elettrodomestico perché è possibile ricaricarla con una stazione di ricarica nel proprio box, chiamata Home Charger o Wall Box acquistabile anche on-line a circa 660 euro oltre alle colonnine di ricarica in giro per le città. Con un «pieno» di ricarica si possono percorrere 250 km con una Nissan Leaf, 380 km con una Renault Zoe e ben più straordinario è il costo/km di circa €0,04, le E-Car con prezzi accessibili possono superare i 130 Km/h, le case automobilistiche promettono miglioramenti nel breve termine. È molto importante anche il fattore garanzia, infatti le batterie agli ioni di litio hanno una garanzia media di 8 anni abbinata a un chilometraggio di circa 250 mila km mentre le batterie al Nichel, utilizzate ad esempio sulla Prius, sono garantite per 5 anni o 100 mila km. Guidare una E-Car diventerà sempre più divertente ed utile per l’ambiente, che siano i nuovi incentivi promessi a renderle ancora più appetibili?
Leonardo Pace
Pubblicazione ItaliaOggi del 20 Novembre 2018
Rivoluzione leasing dagli Ifrs 16
Con il nuovo Ifrs 16 dopo tre decenni cambiano le regole di contabilizzazione in bilancio dei beni acquisiti in leasing per le società Ias/Ifrs adopters: il leasing viene contabilizzato come se fosse una vendita quando il contratto prevede il trasferimento dei benefici e dei rischi relativi alla proprietà del bene dal locatore al locatario. Cessa, infatti, la distinzione fra leasing operativo e leasing finanziario mentre viene introdotto il concetto di «diritto di utilizzazione» (right of use) che si concretizza quando si dispone del controllo di un bene distintamente identificato, cosicché potrà essere contabilizzato e fare il suo ingresso nell’attivo patrimoniale. L’effetto potrà essere esplosivo: guardando solo alle società quotate che utilizzano gli standard Ifrs o Us Gaap i valori in emersione nei bilanci potrebbero ammontare a più di centinaia di miliardi di dollari e comportare sensibili variazioni nella valorizzazio
ne delle aziende (e nei portafogli dei loro azionisti). La portata dell’innovazione è dovuta alla vastità di contratti interessati: a) leasing per l’esplorazione o per l’estrazione di minerali, petrolio, gas naturali e risorse non rigenerative simili; b) leasing di attività biologiche rientranti nell’ambito di applicazione dello Ias 41 Agricoltura detenuti dal locatario; c) accordi per servizi in concessione (che rientrano nell’ambito di applicazione dell’Ifric 12 Accordi per servizi in concessione quindi anche per le concessioni dal settore pubblico a privati); d) licenze di proprietà intellettuale e, infine, e) diritti detenuti dal locatario in forza di accordi di licenze. Certo, in bilancio dovranno essere rilevati anche i debiti residui verso le società di leasing per i contratti in essere, ma i benefici per la patrimonializzazione delle società restano rilevanti, nella speranza che non vi siano abusi.
Nicola Mavellia
Quali sono i segreti dell’App Economy
«I bisogni si suddividono in fondamentali e superiori ritenendo questi ultimi psicologici e spirituali», affermava lo psicologo statunitense Abraham Maslow. La tesi si può applicare ancora oggi, ma bisogna analizzare con più chiarezza quali siano i bisogni dei clienti. La domanda si è spostata verso la linea digitale, tecnologica. Ogni persona, al giorno, utilizza in media nove applicazioni del proprio smartphone. Tra tutte queste App, poche derivano da un prodotto fisico bensì da un’idea, un servizio astratto. Che sia questa la prossima frontiera del business? Ovviamente l’App Economy riduce i costi di produzione, costi di acquisto in beni materiali per sostituirli con costi di programmazione. I ricavi derivano da abbonamenti al servizio, ma soprattutto dalla pubblicità visibile dagli utenti durante la navigazione. Per avere successo il creatore di un’App deve innanzitutto decidere se muoversi da « Mover», immettere una novità nel panorama delle App, qualcosa che non si è mai visto prima, oppure migliorare il servizio offerto da altre App dando un tocco personale che lo contraddistingue. La scelta del simbolo di un’App è essenziale, poiché rappresenta l’essenza della stessa. Gli esperti del settore affermano che il simbolo dell’App è analoga al brand per un’azienda. I margini di profitto sono in continua evoluzione nel settore dell’App Economy, gli imprenditori 2.0 sono già sulla linea di partenza.
Leonardo Pace
Pubblicazione ItaliaOggi del 25 Ottobre 2018
Protagonisti del cambiamento
Necessaria una riforma del lavoro per avere tutele certe
Valorizzare le competenze del commercialista nell’area lavoro per la realizzazione di una riforma strutturale volta alla creazione di un sistema certo di tutele. È questo il tema al centro del 1° convegno nazionale dell’Associazione nazionale commercialisti area lavoro, che si aprirà oggi a Bari, dal titolo «Il ruolo del commercialista nel mercato del lavoro del terzo millennio». Un evento organizzato dal sindacato unico specialistico dei commercialisti giuslavoristi, con il patrocinio dell’Odcec di Bari e condiviso da 30 ordini territoriali. «La necessità istituzionale di sposare e ospitare una tale iniziativa, meritevole e qualificata», ha spiegato il presidente dell’ordine, Elbano De Nuccio, «nasce dalla consapevolezza che la materia del lavoro rientra da sempre tra le competenze del commercialista, che assiste professionalmente le imprese nella ricerca di soluzioni organizzative e gestionali efficaci ed efficienti. I colleghi che si occupano della materia, in base ai dati Inail sono 29.743.
Considerato il loro percorso di studi», ha proseguito, «appare evidente che la linea di demarcazione consiste proprio in una vision privilegiata: ossia nella capacità e nell’attitudine del Commercialista a studiare la materia avendo ben chiari gli obiettivi di una efficiente gestione aziendale alla quale concorrono le politiche di bilancio, l’organizzazione ed il welfare. Purtroppo sempre troppo spesso», ha proseguito De Nuccio, «sento dire che il commercialista è una figura destinata a morire. Io credo, invece, che il commercialista
debba diventare protagonista del proprio cambiamento, partendo dalla valorizzazione delle proprie competenze. Globalizzazione, digitalizzazione, mutamento delle regole di funzionamento del mercato e delle imprese devono spingerci verso le specializzazioni. E l’Area Lavoro è una di quelle che ci appartiene. È nostro compito, quindi, prestare la massima considerazione a tale materia e, soprattutto, il massimo impegno a collaborare sinergicamente e costruttivamente con tutti gli attori del settore, per dare risposte concrete, tempe
stive e certe ai commercialisti giuslavoristi. Il cambiamento è in atto e la coscienza che ci sia è sicuramente il primo passo per affrontarlo». Una tesi condivisa anche da Gian Piero Gogliettino, segretario generale Ancal. «I riverberi nel diritto del lavoro della gig economy, fondata sull’infrastruttura logica del world wide web, sono indubbiamente un aspetto di grande e particolare attualità. A cambiare sono sicuramente le peculiarità degli attori tradizionali del rapporto di lavoro», ha precisato Gogliettino, «in ragione di una loro significativa destrutturazione, soprattutto dal lato della domanda, allorché si palesano figure per niente convenzionali, quali sono la piattaforma digitale e l’app. Diventa così di non facile soluzione la questione centrale della definizione dello status giuridico del peculiare prestatore di lavoro, soprattutto riguardo al sistema di garanzie che di riflesso si vanno a determinare. Tuttavia», ha precisato il segretario Ancal, «sono indubbiamente da condividere i recenti orientamenti giurisprudenziali sviluppatisi sino ad oggi nella materia, sia sovranazionali che domestici, di esclusione categorica della prestazione lavorativa dall’area della subordinazione, pur trattandosi di decisioni di primo grado, ma certamente interessanti nella misura in cui evidenziano la carenza degli indici sintomatici della eterodirezione, di matrice giurisprudenziale di legittimità. Resta, però, certamente la necessità di affrontare la questione su un piano eminentemente ordinamentale, laddove in altri Paesi è già operativa una legge sulle piattaforme digitali. Sul punto anche Ancal, in ragione della propria esperienza e del proprio patrimonio di conoscenze e competenze, indica la soluzione», ha concluso Gogliettino, «elaborare il prima possibile una riforma strutturale che sappia porre l’accento, più che
sulla qualificazione del rapporto di lavoro, indubbiamente necessaria ma non strategica alle criticità immanenti al lavoro on demand, sulla definizione di un sistema inderogabile di tutele trasversali, c.d. a geometria variabile, e dunque di un modello protezionistico universale». A sottolineare l’importanza del ruolo dei professionisti, anche il presidente dell’Istituto nazionale di ragioneria, Nicola Mavellia. «Il mercato del lavoro in Italia ha ancora grandi passi da compiere e la presenza dei commercialisti giuslavoristi è indispensabile perché vi sia questo progresso». Molteplici, infatti, sono gli ambiti in cui è fondamentale l’evoluzione. «Si prenda la Costituzione, in primo luogo, che dovrebbe illuminare l’operato di tutti gli attori del settore e invece è disattesa da sempre. In ossequio all’art. 39 della nostra Carta costituzionale, organizzazioni datoriali e sindacali dovrebbero richiedere la personalità giuridica con tutti gli obblighi civilistici e amministrativi che ne conseguirebbero, ma anche con grande impulso all’efficienza e soprattutto alla trasparenza». Un quadro dove, però, non mancano margini di miglioramento, soprattutto nell’adozione dei singoli contratti. «Oggi il mercato del lavoro soffre di grandi inerzie e opacità. In analogia con quanto sperimentato in ambito assicurativo, nell’incontro fra datore e prestatore di lavoro dovrebbe essere data la possibilità di valutare, ciascuno con le proprie prerogative, le peculiarità dei diversi contratti collettivi con grande attenzione ai diversi istituti contrattuali e la possibilità, spesso non ben esplicitata, di poter scegliere gli istituti più idonei anche fra contratti diversi. In tale contesto», ha precisato Mavellia, «non è solo il mero adempimento delle procedure, seppur complesse, di assunzione, malattia, carriera, dimissioni ad essere centrale ma anche la corretta analisi dello scenario in cui si muovono azienda, lavoratore e mercato, ambiti dove il commercialista gode di un punto di osservazione privilegiato. Da ultimo», ha concluso il presidente Inr, «non guasterebbe la promozione di corsi di aggiornamento pratici incentrati specificatamente sulle modalità operative di adozione dei diversi istituti perché si è rilevato, in più occasioni, che la routine del data entry determina compilazioni difformi rispetto alla volontà delle parti».
Pubblicazione Italia Oggi del 15 Ottobre 2018
I Paradossi della fatturazione elettrica
Quello che più sorprende nell’applicazione della fatturazione elettronica è l’assenza di un vero coordinamento normativo tra le nuove procedure telematiche ed una disciplina nata e pensata per un sistema economico basato su adempimenti cartacei. Infatti la disciplina della fatturazione elettronica non ha in alcun modo derogato i termini ordinari di emissione dei documenti: la fattura deve essere emessa e, quando in formato elettronico, trasmessa, entro le ore 24 del giorno dell’effettuazione dell’operazione ai fini Iva. E non allevia l’adempimento la fatturazione differita (ex art. 21, comma 4, lett. a), DPR n. 633/1972) in quanto applicabile per lo più alle sole transazioni ripetute nel mese supportate da idonea documentazione. La realtà però e ben diversa. I professionisti, ad esempio, sono usi emettere delle note proforma che i clienti, molto spesso, pagano con la tempistica che più li aggrada oppure che è consentita dallo stato delle proprie finanze. Ora, il professionista apprende dell’incasso solo quando appare sul proprio conto corrente e come potrà regolare entro le ore 24 l’incasso di un venerdì se ne ha notizia solo il lunedì successivo? Come potrà adempiere in
una settimana in cui sciaguratamente è in ferie o, malauguratamente, ricoverato? Situazioni paradossali che possono trovare mille esempi anche nel mondo dei grandi mercati all’ingrosso serali e notturni ma che trovano, per assurdo, casi eclatanti negli attuali strumenti di vendita online. Infatti grazie a servizi come Paypal e simili acquistare e pagare sui siti web di commercio elettronico è divenuto semplicissimo e molto veloce. Non allo stesso modo è comodo inserire i dati di fatturazione nei campi preposti. Ogni sito ha una sua logica di caricamento dati, non sempre di immediata intuizione, quindi inesattezze e confusioni possono essere frequenti. Però lo Sdi, ovvero il sistema di interscambio delle fatture elettronica, non ammette imperfezioni quindi, anche dove il sito fosse in grado di emettere e trasmettere una fattura in tempo reale non è detto che questa vada a buon fine, ottenendo il paradosso che proprio il commercio elettronico non sia in grado di adempiere all’attuale normativa sulla fatturazione elettronica.
Nicola Mavellia
Mai stato così semplice rubare i dati come oggi
Viviamo nell’era del Gdpr (General data protection regulation), nei giorni in cui la privacy è ormai diventata un diritto umano, eppure c’è qualcosa di contorto: tutti sanno cosa ha mangiato a pranzo il vicino, quante sigarette fuma un parente e quale sia il libro preferito del compagno delle superiori. Non lo sappiamo solamente noi, lo possono apprendere facilmente tutte le aziende, sia che siano multinazionali che piccole realtà. Il modo per apprendere queste informazioni è semplicissimo, basta un semplice click, o meglio un “touch” sullo schermo. Tra le nuove offerte di lavoro figurano proprio degli addetti social, spesso non sono incaricati alla cura del profilo aziendale, ma anche, e soprattutto, all’analisi dei dati e la scoperta di nuovi clienti attraverso i “like” su Instagram o Facebook. Dei veri e propri Social-cacciatori, che per mezzo delle loro ricerche riescono ad attirare le loro prede e ad attrarli verso l’acquisto del prodotto. Come? Sponsorizzando la pagina e filtrando proprio verso gli utenti che rientrano in certi standard (selezionati attraverso i “mi piace”), iniziando a seguire utenti che manifestano curiosità verso alcuni brand e personaggi famosi e soprattutto basandosi su alcuni database creati ad Hoc; attraverso un semplice “like” ad un post della vostra squadra del cuore, un rivenditore di gadget del club può attirare verso l’acquisto di un suo prodotto. Il reale problema è proprio alla base, le aziende che acquisiscono le nostre informazioni.
Leonardo Pace
Pubblicazione ItaliaOggi del 2 Ottobre 2018
Il boom di Wechat Pay nella Chinatown di Milano
Quando è entrata in funzione in Italia WeChat Pay, la piattaforma di messaggistica di proprietà della cinese, migliaia di residenti e turisti cinesi hanno dirottato sulla piattaforma controllata dal colosso di Pechino la gran parte delle transazioni commerciali e finanziarie che fino al gennaio scorso passavano o attraverso le banche italiane o le società di money transfer. Per WeChat Pay transitano annualmente un trilione di dollari di transazioni e per l’azienda l’Europa si sta rivelando un mercato estremamente redditizio, soprattutto nei paesi che ospitano importanti comunità di espatriati dalla Cina. Milano, in questo contesto, è una delle metropoli più rappresentative: non a caso, proprio il capoluogo lombardo è stato scelto da Tencent come quartier generale del gruppo in Italia. La forza di WeChat Pay è soprattutto il prezzo; poiché pagare con WeChat non presenta commissioni per importi ridotti sia per i fornitori di servizi sulla piattaforma, (i merchants), che per gli utenti (per esempio ad essere oggetto di commissioni sono solo i trasferimenti di denaro tra il wallet e il conto bancario sopra i 1.000 rmb così come trasferimenti di denaro tra wallets sopra i 20 mila rmb che presentano una commissione pari allo 0,1%. Il pagamento può avvenire sia nei negozi fisici che tramite un qr code
da scansionare. I turisti inoltre possono individuare i negozi già connessi al network. Nel 2016 globalmente, sulle sole WeChat Pay e Alipay, sono transitati dalla piattaforma cinese oltre 10 trilioni di dollari contro i 10 miliardi di giro d’affari del 2012 con una crescita inarrestabile Wechat Pay, fronte dei risultati della rivale Alipay del colosso cinese Alibaba, che rimane secondo sul mercato cinese del mobile payment con meno del 40% del mercato nazionale. La WeChat Pay include un Wallet ovvero un portafoglio virtuale collegato a un conto bancario o una carta. Storicamente riservato agli utenti aventi un conto aperto con una banca cinese o sudafricana, dalla fine di gennaio è disponibile per i clienti internazionali compresi quelli italiani. I servizi di pagamento disponibili vanno dal semplice trasferimento di denaro tra gli utenti all’acquisto di biglietti per il cinema, scommesse, taxi, biglietti aerei, usare sconti per alberghi e ristoranti. Altre caratteristiche estremamente di avanguardia sono la possibilità di pagare le bollette anche prepagate evitando il rischio di rimanere a secco di elettricità gas ed acqua, comprare Coin da spendere sulla piattaforma cinese QQ e inoltre donare soldi alle ong, alcune anche occidentali, che hanno stretto accordi con Tencent. Non ultima anche la possibilità di poter guadagnare sui soldi depositati non presso il proprio conto WeChat ma sul conto bancario cinese
collegato, rispondendo a esigenze di mercato dei clienti che vedono integrate oltre le caratteristiche di messaggistica anche quelle di poter guadagnare usando l’app. WeChat è utile anche per acquistare. È un sistema originale di fare acquisti ovvero far trasferire denaro per comprare prodotti delle griffe di alta moda senza dazi in Europa per clienti facoltosi in Cina il cosiddetto fenomeno dei «Daigou», ovvero l’acquisto di beni, in genere abbigliamento di lusso, approfittando dei minori prezzi in Europa ma talvolta anche eludendo le imposte che la Cina impone per questo tipo di prodotti. Va precisato che il servizio è sottoposto solo alle norme cinesi su esportazioni di capitali e i dati sono criptati. Se è vero che non si è sottoposti al vaglio delle autorità di regolazione italiane è però anche vero che il Governo cinese può intervenire e questo forse rappresenta una barriera per la diffusione del servizio in Europa dove questo avanzato concorrente di Whatsapp fatica comunque ad affermarsi quantomeno per la parte di chat e social.
Luca Battanta
Pubblicazione Italia Oggi del 11 Settembre 2018
L’impresa italiana come la Nave di Teseo
Il panorama delle imprese italiane vive ufficialmente una fase di post-globalizzazione; molte aziende storiche del belpaese non sono più esclusivamente influenzate dalle tendenze del mercato globale bensì sono diventate esse stesse di proprietà di investitori internazionali. Le note imprese del made in Italy, in seguito al passaggio in mano agli stranieri, hanno subito un cambiamento radicale nell’assetto amministrativo e nella mission principale. Le aziende in questione hanno stravolto l’essenza dello scopo dell’investimento iniziale poiché, così come la nave di Teseo era venerata dagli antichi greci nonostante fossero state cambiate tutte le componenti originali, riescono ad esse- re amate dai consumatori nonostante i cambiamenti e il livello di fidelizzazione rimane invariato. Un esempio eclatante è il caso della Buccellati Spa. La celebre gioielleria italiana con origini risalenti al medioevo, nota per il suo stile rinascimentale, è stata recentemente acquisita dalla holding cinese Gangtai; un investimento multimilionario. Gli investitori cinesi hanno immediatamente inteso l’importanza dello stile unico della Buccellati, di conseguenza hanno deciso di non modificare né la fase produttiva né la linea dei gioielli poiché il loro sensitive branding dipende essenzialmente dallo stile inconfondibile del Made in Italy. Il gruppo Gangtai ha l’obiettivo di rag- giungere la leadership di mercato nel settore dell’High Luxury in Oriente sfruttando il brand di Buccellati e per raggiungere tale traguardo ha deciso di intraprendere un percorso che potrà risollevare la nota gioielleria italiana. La post-globalizzazione non è una fase di allontanamento dagli investitori internazionali, al contrario una fase di integrazione in cui i prodotti unici del Made in Italy si diffonderanno in tutto il pianeta senza variare lo stile. Si spera che le grandi storie imprenditoriali italiane non si riducano in polvere, così come è successo tragicamente alla venerata nave di Teseo tanto amata dai Greci, ma riescano a vedere, anche nella cessione a terzi stranieri, non la fine di un era ma l’inizio, grazie ai capi- tali ricevuti, di una nuova e più sfidante impresa.
Leonardo Pace
Il domani è già qui – Il limite è la mente umana
Come un cyber-Ulisse che solca i mari della conoscenza a bordo di una nave iperconnessa e ultraveloce, l’uomo odierno spiega le vele e oltrepassa le colonne d’Ercole dello sviluppo tecnologico, nella sua insaziabile ricerca. Non ci sono barriere al desiderio di conoscenza del moderno Odisseo, non c’è paura e non c’è un orizzonte da raggiungere ma sempre da superare. Il superamento del limite è stato il motore di ogni scoperta umana in risposta a bisogni insoddisfatti. Lo studio di Leonardo sul volo degli uccelli ha ispirato gli studi dei fratelli Wright e molto probabilmente anche quelli sulla velocità di Tesla. Superare la siepe di leopardiana memoria ha condotto il progresso scientifico a rendere possibile l’impossibile. Tuttavia l’esasperata e spasmodica ricerca di una crescita infinita in un mondo finito è il canto delle sirene che tenta di prendere in ostaggio la mente umana persuadendola occultamente ad infrangersi sugli scogli dell’onnipotenza. L’economia odierna in nome del guadagno ad ogni costo ha troppo spesso sacrificato la qualità della vita. Ad uno Spread finanziario corri- sponde uno Spread di qualità che viene costantemente sacrificato. Come utilizzeremo il progresso determinerà la nascita del migliore dei mondi o del peggiore. «Il futuro è già qui. È solo distribuito male», diceva William Gibson, il quale si è interrogato sui problemi dell’uomo nel prossimo futuro e sull’impatto della rivoluzione digitale, immaginando un universo degradato e disto- pico, dipendente dal computer e da internet. Il cielo ha «il colore di un televisore sintonizzato su un canale morto» o nascerà un nuovo umanesimo in cui l’uomo vitruviano uscirà finalmente dal cerchio? La storia del nostro futuro è ancora tutta da scrivere…
Azzurra Cipiccia & Simranjit Kaur, Tessa Agostini & Jessica Sini
Pubblicazione ItaliaOggi del 31 Luglio 2018:
Accendi la tua mente, cambia frequenza con il firewalking
L’attività cerebrale coinvolge oltre 10 miliardi di neuroni che si attivano per ricevere o trasmettere segnali, generando onde elettromagnetiche a diverse frequenze. Il cervello umano è settato in modo da minimizzare il rischio e scegliere soluzioni già collaudate ma “lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi”. Mettere le ali al cervello, incrementare le onde che vanno ad accendere e potenziare le attività cerebrali comporta cambiare letteralmente frequenza, passando da una fase di stasi “gamma-beta” ad una fase dinamica “beta- alfa”. Il firewalking o pirobazia è una tecnica di mental coaching che dimostra come il pensiero possa influire sulla direzione della vita. La natura dei pensieri altera lo stato chimico del cervello e determina a sua vol- ta un cambiamento dello stato chimico del corpo. Fare attenzione ai propri pensieri significa plasmare le proprie opportunità e interazioni con la realtà che ci circonda. Pensare positivo ha il potere di aumentare produttività ed efficienza, trasformando il modo in cui ciascun individuo percepisce la propria esistenza e agisce. Minore stress ha ripercussioni benefiche sul sistema immunitario e stimola la mente al problem solving e al decision making. Consente di ottimizzare le risorse mentali e di focalizzare l’obiettivo. Si tratta di una sorta di efficienza paretiana della mente. La differenza tra una vita felice e una infelice dipende perciò da come è usata la mente.
Jessica Sini e Tessa Agostini
Pubblicazione Italia Oggi del 17 Luglio 2018
Sostenibilità una priorità europea
Anche lo sviluppo sostenibile ha i suoi «go- als» individuati nell’agenda 2030, sottoscritta in questi ultimi anni dai governi dei 193 paesi membri dell’Onu. Il tema della sostenibilità è considerato sempre più come un parametro fondamentale per lo sviluppo dei sistemi economici e territoriali. Esso vie- ne promosso da istituzioni, organizzazioni private e non profit e dalla società civile nel suo complesso. Nel panorama odierno, particolare rilevanza stanno assumendo gli obiettivi promossi dall’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile che danno impulso a 17 Sustainable development goals (Sdgs), in un grande programma d’azione declinato in un totale di 169 «Target» specifici. Tali obiettivi esplicitano a vari livelli e secondo diversi temi e aspetti la dimensione della sostenibilità, che tuttavia era già stata considerata come prioritaria dall’Unione europea per le proprie politiche di sviluppo. Si pensi, per esempio alla strategia di Lisbona, che si è prefissata importanti obiettivi nel decennio 2000-2010, afferenti al tema della coesione sociale e della ripresa economica attraverso l’impulso dato dalla economia della conoscenza. Si prosegue con la strategia Europa 2020, sviluppata dall’Unione europea e ancora in corso, per rilanciare la crescita e l’occupazione nel decennio 2010-2020. L’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, al cui processo negoziale l’Europa ha partecipato attivamente, offre un nuovo impulso a questi temi fondamentali e affronta una serie di preoccupazioni della collettività ci- vile legate, per esempio, alla distruzione del patrimonio naturale o alla mancata tutela sociale che, da recenti ricerche, si sono acuite. Tutti i firmatari dell’agenda si impegnano, ognuno secondo le proprie possibilità e senza distinzioni tra paesi sviluppati, in via di sviluppo ed emergenti, a percorrere la strada della sostenibilità impostata dagli obiettivi Sdgs: personalizzando le azioni in relazione alle tematiche toccate dagli obiettivi; impostando una propria strategia per il raggiungimento dei target di sostenibilità promossi dagli Sdgs; rendicontando i risultati conseguiti all’interno di un processo coordinato dall’Onu.
È importante specificare che per centrare gli obiettivi dell’agenda 2030 è necessaria una forte sinergia tra i diversi stakeholder dei sistemi paese: imprese e pubblica amministrazione, società civile, Ong e istituzioni filantropiche, centri di ricerca e università ecc. A livello europeo molto è stato fatto e si sta facendo per promuovere il tema della sostenibilità: un esempio sono le tre pubblicazioni della Commissione europea, a novembre 2016, finalizzate a definire una strategia per attuare la sostenibilità in Europa e nel mondo: una di queste pubblicazioni è proprio incentrata sull’obiettivo di integrazione degli Sdgs nelle dieci priorità della commissione e nel quadro strategico europeo. Sempre a novembre 2016 l’Eurostat ha pubblicato una panoramica della situazione in Europa in relazione ai 17 goals dell’agenda 2030. Anche a livello italiano molte azioni sono state compiute da governo, parlamento ed enti locali. Inoltre, al fine di monitorare l’attuazione degli Sdgs, nel dicembre 2016, l’Istat ha pubblicato un primo set di 95 indicatori, ulteriormente approfondito, aggiornato e ampliato con la pubblicazione di un nuovo set a maggio 2017.
Andrea Casadei
I diciassette obiettivi dell’agenda 2030
L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, sottoscritta dai governi dei 193 paesi membri dell’Onu, promuove e sviluppa un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità e individua 17 obiettivi, «Goals», inerenti al campo della crescita economica, del benessere sociale e della tutela ambientale, secondo molteplici sfaccettature: si va dalla lotta alla povertà e alla fame nel mondo, all’assicurare il benessere per tutti e tutte le fasce di età; dal fornire un’educazione di qualità, equa e inclusiva, al raggiungere l’uguaglianza di genere per tutte le donne e le ragazze; dalla disponibilità e gestione sostenibile dell’acqua, all’assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni; dall’incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e un lavoro dignitoso per tutti, al promuovere l’innovazione e l’industrializzazione equa, responsabile e sostenibile; dal ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le nazioni, al rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili; dal garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo, alla lotta al cambiamento climatico; dal conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine, al proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre; dal promuovere società pacifiche e inclusive, al rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile. Per tutti i paesi sottoscrittori l’impegno è il raggiungimento di tali obiettivi entro il 2030. Per consultare i singoli target di ogni obiettivo si può far riferimento alle pagine https://www. un.org/sustainabledevelopment/ delle Nazioni Unite.
Andrea Casadei
Pubblicazione Italia Oggi del 3 Luglio 2018
Prevenzione e gestione della corruzione con lo Standard Iso 370001 
I dati inerenti al 2016, sull’Indice di corruzione percepita nel setto- re pubblico e politico, pubblicati da Transparency international a gennaio 2017, classificano l’Italia terzultima tra gli stati europei. Nonostante questa posizione poco lusinghiera, il nostro paese si è comunque instradato verso il miglioramento e ne ha dato dimostrazione tangibile il 16 ottobre dello scorso anno, in occasione della pubblicazione dello Standard Iso 370001, sistemi di gestione e prevenzione della corruzione, in breve stan- dard anticorruzione Iso 37001. Lo standard è stato realizzato con la finalità principale di assistere le organizzazioni nell’attuare efficaci sistemi di gestione e contrasto dei fenomeni corruttivi, fornendo una linea guida per aiutarle a: prevenire, individuare, rispondere alla corruzione; conformarsi alla legislazione anti-corruzione ed altri eventuali impegni volontari applicabili alle proprie attività. Lo standard si applica a organizzazioni di ogni dimensione e appartenenti ai settori pubblico, privato e non profit. Lo Standard non si applica specificamente a frodi, cartelli e ad altre violazioni alla concorrenza, al riciclaggio di danaro e ad ulteriori attività legate a pratiche corruttive. Tuttavia, è comunque possibile che un’organizzazione scelga di estendere lo scopo del proprio sistema di gestione per includere tali attività. Lo sviluppo della Norma ha avuto origine da diversi fattori, primo fra tutti dalla consapevolezza che la corruzione è un fenomeno diffuso, che indebolisce i diritti umani, aumenta i costi delle transazioni commerciali, introducendo elementi di incertezza nella loro conclusione, eleva il costo di beni e servizi diminuendone allo stesso tempo la qualità, distrugge la fiducia nelle istituzioni e interferisce con il funzionamento equo ed efficiente dei mercati. L’Iso 37001 è stato pro- gettato tenendo inoltre a mente la possibilità di integrarlo in maniera agevole con i sistemi di gestione (in quanto norma internazionale emanata dall’Ilo) che, sovente, sono già presenti all’interno delle organizzazioni che decidono di avvalersene. Esempi fra i più noti sono gli standard Iso 9001 e Iso 14001 per la certificazione della qualità e la gestione ambientale. Sebbene la pubblicazione di questo standard offra alle organizzazioni un mezzo efficace di controllo e contrasto dei tentativi corruttivi, occorre sotto- lineare che la compliance allo standard Iso 37001 non assicura che l’organizzazione che lo adotta sarà sempre esente dal verificarsi di casi di corruzione, ma facilita l’esistenza di misure ragionevoli e propozionate, progettate per prevenire i fenomeni corruttivi. Per quanto attiene alle forme di corruzione che la Norma si propone di contrastare, esse possono essere suddivise in: corruzione attiva: corruzione da parte dell’organizzazione; corruzione da parte di personale dell’organizzazione che agisce per conto dell’organizzazione o a suo beneficio; corruzione da parte dei soggetti che agiscono per conto dell’organizzazione o a suo beneficio.
Corruzione passiva: corruzione dell’organizzazione; corruzione del personale dell’organizzazione che agisce per conto dell’organizzazione o a suo beneficio; corruzione dei soggetti collegati che agiscono per conto dell’organizzazione o a suo beneficio. Naturalmente l’esistenza di un sistema di gestione certificabile non costituisce di per sé una garanzia assoluta dell’assenza di attività corruttive presso un’azienda, tuttavia dimostra l’adozione di modelli organizzativi di prevenzione e contrasto alla corruzione, ai fini, fra le altre cose, dell’ottenimento del Rating di legalità con un punteggio superiore alla singola stella e per gli appalti pubblici. Relativamente al mondo dei contratti con soggetti pubblici, il nuovo Codice degli appalti (dlgs n. 50/2016) all’art. 38 «Qualificazione delle stazioni appaltanti e centrali di committenza», stabilisce che è istituito presso l’Anac, un apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate, che i requisiti di qualificazione sono individuati sulla base di parametri e si distinguono in requisiti di base e premianti quali, tra gli altri: «valutazione positiva dell’Anac in ordine all’attuazione di misure di prevenzione dei rischi di corruzione e promozione della legalità; presenza di sistemi di gestione della qualità conformi alla norma Uni en iso 9001 degli uffici e dei procedimenti di gara, certificati da organismi accreditati per lo specifico scopo ai sensi del regolamento Ce 765/2008 del Parlamento europeo e del consiglio; presenza di sistemi di gestione per la prevenzione della corruzione conformi alla norma Uni Iso 37001, certificati da organismi accreditati per lo specifico scopo, ai sensi del regolamento (Ce) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del consiglio». La prevenzione alla corruzione può essere attuata al meglio solo grazie ad una retta gestione governativa delle organizzazioni e dei progetti e si nota come un nu- mero importante di organizzazioni stia rispondendo ai cambiamenti all’interno dell’ambiente legale ed etico, implementando strumenti come il nuovo standard Iso 37001 – Sistemi di gestione anticorruzione, anche per avere a disposizione una leva con cui accertarsi di essere all’altezza della vigente normativa anticorruzione.
Andrea Casadei
Pubblicazione Italia Oggi 19 Giugno: Imposte anticipate separate dai crediti
In data 29 dicembre 2017 l’Oic ha emendato il par. 35 dell’Oic 12 «Composizione e schemi del bilancio d’esercizio» ed il par. 30 dell’Oic 25 <
Tiziano Sesana
Rating di legalità con nuovi reati ostativi
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha reso disponibile il nuovo regolamento inerente al Rating di legalità, approvato con delibera del 15 maggio 2018, n. 27165. Una tra le più rilevanti novità riguarda l’inserimento di nuovi reati ostativi del Rating di legalità, in particolare i reati in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al dlgs 9 aprile 2008, n. 81. Inoltre, sono indicate come figure su cui confermare l’assenza di condanne o decreti penali non più i soli procuratori speciali, ma tutti i procuratori che hanno poteri equiparabili a quelli degli amministratori dotati di poteri di rappresentanza. Ancora , variazioni sono state apportate in ambi- to dei requisiti aggiuntivi per aumentare il li- vello di rating. In particolare nell’ambito della clausola di mediazione volontarie è stata indicato il termine “cliente” anziché “consumatore”, per permettere anche alle imprese che operano nel comparto BtoB di aumentare il proprio rating. Infine, modifiche anche per quanto riguarda il procedimento di attribuzione del Rating di legalità e lo stato del Rating: non è più presente la Commissione consultiva rating e viene inserito anche il caso di annullamento rating, oltre a quello di rinnovo, revoca e sospensione. E’ possibile consultare il nuovo regolamento alla pagina dedicata dell’autorità: http://www.agcm.it/normativa/rating di legalità/7108-delibera-agcm-27165-regolamento-attuativo-rating.html.
Andrea Casadei
Pubblicazione Italia Oggi del 12 Giugno 2018:
Consulenze e garanzie per il futuro professionale
Consulenti e garanti. Questo sarà il nuovo volto dei professionisti nell’era della digitalizzazione. La crescente informatizzazione permetterà il recupero di tempo ed energie da dedicare all’attività di consulenza e, allo stesso tempo, imprese e contribuenti potranno sempre contare sui professionisti nel ruolo intermediari e garanti nei confronti della p.a. e degli istituti bancari. A definire la meta che i commercialisti sono chiamati a raggiungere nel corso dei prossimi anni è Luigi Pagliuca, Presidente della Cnpr, che interverrà nel corso della Prima tavola rotonda del Convegno nazionale «Economisti e giuristi insieme», in programma a Roccella Jonica (Rc) il 15 e 16 giugno.
«Ogni rivoluzione tecnologica è sempre un’arma a doppio taglio», ha spiegato Pagliuca, «da un lato garantisce innovazione e semplificazione, dall’altro lato comporta dei rischi legati al cambiamento del lavoro quotidiano soprattutto per gli studi professionali. Una realtà che come categoria abbiamo imparato ad affrontare. Grazie alla fantasia del Legislatore fiscale, che da anni ci chiede sforzi maggiori a fronte di riconoscimenti inesisten- ti, abbiamo sviluppato una grandissima capacità di adattamento, unita alla consapevolezza che nessun processo di digitalizzazione potrà mai fornire quel va- lore aggiunto che come Professionisti siamo in grado di portare in termini di ragionamento, assistenza e sensibilità dei confronti del cliente». Un ruolo, però, che è giunto il momento che le istituzioni riconoscano.
«La capacità di svolgere il ruolo di garanti e di essere pronti a rispondere in prima persona sono qualità che il Legislatore non può più ignorare come ha fatto in questi anni. Ecco, perché», ha concluso Pagliuca, «è tempo che i professionisti siano valorizzati dalle Isti- tuzioni, affinché siano sempre più una risorsa capace di aiutarle ad affrontare al meglio questa nuova fase di cambiamento».
I giovani motore della crescita
Il processo di digitalizzazione porterà nuova linfa vitale alla professione. Nel prossimo futuro, infatti, sarà necessario investire molto sulla presenza di giovani, che grazie ad una mentalità istintivamente informatizzata, potranno costituire un valore aggiunto per la crescita degli studi professionali. Questo il quadro delineato da Salvatore Palma, consigliere della Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti, che interverrà nel corso della prima tavola rotonda del Convegno nazionale «Economisti e giuristi insieme», in programma a Roccella Jonica (Rc) il 15 e 16 Giugno. «Come categoria abbiamo sempre dimostrato di essere resilienti alle riforme, sa- pendone trarre il meglio. Adesso, ad esempio, ci attende la sfida della fatturazione elettronica nei confronti della quale le critiche mosse sono sempre state legate non allo strumento, bensì alle modalità con cui questo ci è stato imposto. Il fatto che i cambiamenti siano continuamente calati dall’alto senza criterio deve finire ma, pur con tutte le criticità del caso», ha proseguito Palma, «sono convinto del fatto che il processo di digitalizzazione garantirà molte e nuove opportunità per la categoria, soprattutto in termini di attrattività per i giovani professionisti. Questi, infatti, sono nati e cresciuti in un mondo già informatizzato e quindi naturalmente portati ad un approccio nuovo nei confronti del lavoro quoti- diano. Senza contare poi», ha concluso il consigliere, «che giovani sono anche più propensi all’aggregazione e alla collaborazione interprofessionale che, soprattutto in futuro, saranno dei fat- tori determinanti per la crescita della professione».
La formazione spinge l’innovazione
Continuare ad investire nella digitalizzazione e nella formazione de- gli avvocati. Se da un lato, infatti, l’avvocatura è stata il vero motore dell’avvio del Processo telematico, dall’altro lato è necessario che i professionisti siano preparati ad affrontare l’inevitabile cambiamento del lavoro quotidiano. A dettare gli obiettivi prioritari per la categoria nel prossimo futuro è Nicolino Zaffina, consigliere di Cassa Forense, che interverrà nel primo giorno di lavori del Convegno nazionale «Economisti e Giuristi insieme», in programma a Roccella Jonica (Rc) il 15 e 16 Giu- gno. «Sia l’avvocatura che la magistratura hanno già lavorato molto sul processo di digitalizzazione», ha spiegato Zaffina, «il Processo civile telematico è realtà ed a breve sarà completamente operativo anche il Processo tributario telematico. Per gli studi professionali queste sono state e saranno sempre di più agevolazioni importanti. Allo stesso tempo, però», ha proseguito, «non possiamo non considerare il fatto che questi cambiamenti hanno comportato, per alcuni colleghi, la necessità di dover ripensare la propria attività. Da questo punto di vista», ha concluso il consigliere, «le istituzioni dell’avvocatura, da quelle locali a quelle nazionali, possono fare ancora molto investendo ancora di più nella formazione professionale».
Pubblicazione ItaliaOggi del 5 Giugno 2018
Intervista a Luca Asvisio, presidente dell’Ordine dei Commercialisti di Torino
Collaborazione, un’arte sottile
Il dialogo costante con le istituzioni valorizza la categoria
Il fisico Blaise Pascal ha sempre sostenuto che «la cosa più importante di tutta la vita è la scelta di un lavoro, ed è affidata al caso». E spesso molto lontana dal punto di partenza. Una tesi che non può che trovare il sostegno di Luca Asvisio, dal 2017 presidente dell’Or- dine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Torino che, negli anni, ha mutato la propria diffidenza iniziale nei confronti della libera professione, in una passione così forte da spin- gerlo a mettersi in gioco in prima persona per il futuro dei Colleghi.
Classe 1965, marito e padre di famiglia, granata nell’animo, il presidente dell’Ordine di Torino ha le idee ben chiare quando si tratta del futuro della categoria: la valorizzazione della professione passa in primo luogo dall’interazione costante con le istituzioni.
«Uno dei progetti più importanti che l’Ordine di Torino ha realizzato negli ultimi anni grazie al precedente presidente, Aldo Milanese, è stato il Modello Torino, la cui colonna portante», ha raccontato Asvisio, «è stata proprio l’idea di portare i colleghi a lavorare fianco a fianco con le istituzioni; dall’Agenzia delle entrate alla regione, dall’Inps al Comune. Creando delle sinergie importanti, anche per il territorio». Un progetto in cui il numero uno dell’Odcec di Torino ha creduto fortemente, tanto da scegliere di portarlo avanti anche nel corso del suo mandato, con due priorità ben precise: dare sollievo ai colleghi e creare occasioni di lavoro. «Come ordine locale è importante che svolgiamo un ruolo di sentinelle sul territorio, risolvendo da un lato i problemi che possono presentarsi nel- le quotidianità e, dall’altro lato, fornendo ai vertici della categoria a livello nazionale degli utili spunti di riflessione. Allo stesso tempo, poi, ritengo fondamentale il coinvolgimento della maggior quantità di colleghi possibile all’interno dell’Ordine per portare avanti l’attività di formazione e di approfondimento su temi centrali per i commercialisti di oggi e di domani. I ragazzi», ha spiegato il nu- mero uno dell’Odcec di Torino, «devono essere portati ad intraprendere la professione, facendo magari qualche anno all’interno delle società di revisione per completare la loro formazione e la loro capacità di analisi. Questa opera di sensibilizzazione e di sviluppo della capacità di analisi e sintesi, però, non può essere fatta solo post laurea, ma deve cominciare prima. Io, da questo punto di vista», ha raccontato Asvisio, «sono stato molto fortunato. Grazie agli studi classici ho sviluppato un ottimo metodo di studio che, pur senza troppa convinzione, mi ha portato prima a iscrivermi ad economia e commercio e, successivamente, a concludere l’Università in tempi rapidissimi con un buon interesse per la ragioneria ma nulla più».
L’amore per la professione, infatti, è arrivato più tardi. «Come molti dei giovani che approcciano il mondo del lavoro sul nostro territorio, la prima opzione sono sempre le aziende. Poi, più costretto che convinto, andai a fare un colloquio in uno studio professionale, senza sapere che in quel momento avrei conosciuto quello che sarebbe divenuto il mio maestro, il dottor Dondona. Quel giorno», ha raccontato Avisio, «più che farmi un colloquio, mi trasmise la sua passione introducendomi ad un mondo che non conoscevo e che non avevo idea che potesse nascondere tante soddisfazioni, sia in termini professionali, sia in termini umani. Oggi per esercitare questa professione è fondamentale sapersi mettere nei panni dell’imprenditore o del contribuente in difficoltà, lavorando per la migliore soluzione possibile anche con altri professionisti. Grazie ai miei maestri, il dottor Milanese e il dottor Dondona, infatti, ho imparato una delle lezioni fondamentali per un libero professionista», ha concluso Asvisio, «l’indipendenza è importante, ma lo è ancora di più la capacità di saper collaborare».
Azienda e impresa sono concetti differenti
Con una legislatura e, finalmente, un nuovo governo, si rinnovano da ogni parte gli auspici di una semplificazione del nostro sistema paese, ad ogni suo livello e in ogni ambito della vita pubblica ed economica. La semplificazione è fondamentale per ridurre la possibilità che l’operatore economico percepisca uno stato di confusione e provi una sensazione di incertezza tali da determina- re una sua paralisi decisionale e quindi un blocco delle sue attività economiche. Effetto, che a livello generale, porta al rallentamento dell’economia dell’intero paese.
Da qui l’importanza fondamentale dell’uso di una corretta terminologia nella normativa e negli atti di governo, non solo in riferimento al lessico giuri- dico. Forse le maggioranza relativa di giuristi costantemente presente nel par- lamento nel susseguirsi di legislature e di governi, ha posto in secondo piano le accezioni non prettamente giuridiche di concetti basilari della vita economica del paese.
In particolare si ritiene particolarmente doveroso ricordare la siderale differenza di concetti, spesso usati come sinonimi, quali «azienda» e «impresa». Infatti, scegliendo nell’economia aziendale le definizioni che più si addicono a tali concetti, se l’azienda è l’ordine economico di ogni istituto sociale, l’impresa è l’istituto sociale volto alla produzione di ricchezza e/o al raggiungimento di obiettivi economici. Quindi, mentre è azienda l’attività guidata da criteri economici interna ogni istituto sociale (quale che sia il proprio fine istituzionale), quali la famiglia, gli enti pubblici, gli enti religiosi, le imprese, le ong, le organizzazioni di categoria, i partiti, i sindacati; è impresa ogni istituto che ha obiettivi e finalità legati allo sviluppo della propria ricchezza economica. Con- fondere tali concetti è come confondere la presenza della corrente elettrica in ogni luogo delle moderne attività umane e l’essere una compagnia elettrica.
Tali distinzioni hanno fondamentali implicazioni. Il non essere coscienti della propria azienda da parte di molti isti- tuti sociali (ed anzi il rifiuto esplicito di tali concetti, ritenuti di pertinenza delle sole imprese) ha portato a molti dei dissesti e delle gestioni fallimentari che oggi sempre più indignano: se posso ignorare la mia azienda posso sentimi libero dal dover raggiungere e salvaguardare l’equilibrio economico aziendale e contribuire così all’equilibrio del sistema economico nazionale. È come se una famiglia nel programmare le proprie vacanze prescindesse dalle proprie disponibilità finanziarie o dai propri impegni (magari un mutuo). Certo, a differenza dell’azienda famiglia, altre aziende, so- prattutto nel settore pubblico, possono far pagare ad altri il proprio dissesto. Ma ormai «pantalone» è stanco.
Nicola Mavellia
E-fattura sul carburante, parte il conto alla rovescia
Dal 1° luglio 2018 gli acquisti di carburante per autotrazione effettuati nei distributori stradali dai soggetti passivi Iva devono essere documentati con la fattura elettronica mentre la scheda carburante viene abolita, come prescritto dalla legge n. 205 del 27.12.2017.
Restano esenti dall’obbligo di certificazione le cessioni di carburanti e lubrificanti nei confronti di clienti privati che acquistano tali prodotti al di fuori dell’esercizio di imprese, arti o professioni.
Inoltre, come chiarito dalla circolare 8/E/2018, ai fini della detrazione Iva e della deducibilità ai fini delle imposte dirette delle spese per l’acquisto di carburanti sono ritenuti idonei solo gli strumenti di pagamento quali: assegni o vaglia cambiari bancari, postali o assegni circolari, addebito in conto, bonifico, bollettino postale, carte di credito, carte di debito, carte prepagate e gli altri strumenti di pagamento elettronico con l’addebito in conto corrente. Di contro, i pagamenti in contanti comporteranno l’indetraibilità dell’Iva e l’indeducibilità del costo. Sono salve le carte emesse dalle compagnie petrolifere e i buoni benzina purché saldati con i sistemi sopracitati, quindi non in contanti, e seguiti da fatturazione elettronica.
Restano esclusi da tali obblighi i contribuenti che rientrano nel cosiddetto «regime di vantaggio» (art. 27, cc. 1 e 2, dl 98/2011) e chi gode del regime forfettario (art. 1, cc. da 54 a 89 legge 190/2014) grazie agli esoneri specificamente previsti in tema di fatturazione elettronica dell’art. 1, c. 909, legge 205/2017.
Il tutto, chiaramente, salvo italiche proroghe…
Nicola Mavellia
Pubblicazione ItaliaOggi del 22 Maggio 2018
Specializzazioni, probabile futuro che non deve danneggiare il presente
Specializzazione sì purchè libera. E’ questa la netta indicazione del- la maggioranza di un campione di iscritti all’Ordine dei dottori commercialisti emersa da un recente sondaggio Inr. Potendo scegliere, i professionisti hanno scelto per il 16% una “specializzazione con menzione obbligatoria sull’albo (anche in caso di assenza di specializzazioni) ed attività vincola- ta secondo regolamentazione in- terna all’Odcec” condividendo la linea attualmente prevalente nel Consiglio nazionale dei commercialisti, il 26% hanno scelto una “specializzazione con menzione facoltativa sull’albo ed attività vincolata secondo regolamentazione interna all’Odcec”, ed infine il 56% sceglie una “specializzazione libera con realtà esterne all’Odcec eventualmente convenzionate con l’Ordine”.
Diverse sono state le considera- zioni emerse a supporto di tale orientamento. Da un lato, sul piano organizzativo, un’introduzione di nuovi percorsi formativi obbligatori, che vanno ad aggiungersi alla formazione professionale continua come commercialisti ed all’ulteriore formazione obbligatoria per restare iscritti al Registro revisori legali, è vista come una nuova conferma della capacità autolesionista della categoria.
Sul piano “commerciale”, benché nessuno neghi l’importanza delle specializzazioni, soprattutto nel futuro e nell’ambito delle imprese maggiori, essere i “tuttologi” dell’economia ha permesso fino ad oggi ai commercialisti di essere il punto di riferimento indispensabile per le micro, piccole e medie imprese e costituisce una parte importante del fatturato attuale degli studi professionali. Di contro, un’enfasi eccessiva sulle specializ- zazioni è vista più come un elemento capace di generare confusione piuttosto che un vantaggio.
In definitiva, è l’analogia con le professi o n i mediche che non convince ponendosi nell’ottica dell’utente: se ho bisogno di un ortopedico escludo di andare da un allergologo, se mi serve un angiologo non vado da un dermatologo, se un professionista ha tante specializzazioni probabilmente sarà eccessivamente caro rispetto alle mie esigenze, se non le ha allora forse è un impreparato. Di fronte a tali dubbi potranno sorgere nel cliente più perplessità che certezze rispetto al proprio professionista, rischiando di indirizzare la scelta fuori dalla categoria.
Inoltre, l’ambito della conformità (o compliance) degli studi professionali a procedure (antiriciclaggio, privacy, intermediario AdE, etc.) ed a requisiti minimi di formazione occupano ormai una quantità abnorme dell’orario lavorativo di uno studio rendendo, di fatto, l’attività professionale sempre più difficilmente compatibile con la redditività e l’economicità. Complicare ulteriormente tale ambito con dei tempi da destinarsi obbligatoriamente alle specializzazioni è visto come un’aggiuntiva devianza rispetto ai caratteri di profittabilità tipici ed originari della professione del Commercialista e più utile a quella élite di colleghi che hanno come principali clienti i tribunali e le grandi imprese, piuttosto che alla quasi totalità di studi commerciali che sono rivolti alle micro e piccole imprese. Senza voler considerare chi vede nelle scuole di specializzazione solo un nuovo business per i docenti, in generale la sensazione prevalente sulle specializzazioni è quella di un’evoluzione che rischia di divenire una complicazione certa della vita professionale contro benefici discutibili, per lo meno nella forma organizzativa sin qui proposta, piuttosto di essere una scelta. Libera.
Nicola Mavellia
Pubblicazione Italia Oggi dell’8 Maggio 2018
L’era digitale e il nuovo e moderno Prometheus
La Digital disruption con il suo dirompente impatto sta rivoluzionando tanto il mondo scientifico quanto l’ecosistema economico e sociale. Realtà virtuale e aumentata, intelligenza artificiale e Internet delle cose creano infinite realtà parallele iperconnesse. Siamo al culmine di un’accelerazione esponenziale che vede una tecnologia sempre più veloce, sempre più invisibile e sempre più potente. E’ diventato pressoché impossibile oramai fare previsioni accurate nel medio-lungo periodo. La «macchina di ritorno al futuro» ci ha catapultato in un presente differente, ma impalpabile e che ci sfugge.
È la Legge di Moore, secondo la quale «la complessità di un micro- circuito, misurata ad esempio tra- mite il numero di transistori per chip, raddoppia ogni 18 mesi (e quadruplica quindi ogni 3 anni)». L’ecosistema digitale e l’infosfera sono seamless: non esiste soluzione di continuità tra mondo on line e off line. Mai come oggi le possibilità sembrano infinite e c’è chi parla già di «transumane- simo» e «iperumanità». La realtà, o meglio le infinite realtà con- temporaneamente presenti nelle quali siamo immersi sollecitano nuovi problemi e nuove esigenze. La neuroscienza e lo studio del comportamento umano in risposta a nuovi stimoli e a repentini cambiamenti hanno oggigiorno una responsabilità sociale senza precedenti.
La tecnologia è ubiqua: è in ogni momento e in ogni luogo e permea ogni istante della nostra vita lavorativa e personale. La tecnologia ha una vocazione democratica: è di tutti e per tutti. Ecco perché la manichea divisione tra tecnologia buona e tecnologia cattiva, oltre ad essere assurda è anacronisti- ca. Internet è semplicemente una tecnologia più evoluta di quanto poteva essere il fuoco.
È un abilitatore invisibile e customecentrico di innovazione; è propulsore di nuove ricerche e nuove scoperte.
L’uso che facciamo del potere che questa nuova fiamma ci offre ne determinerà l’impatto positivo o negativo sulle nostre vite e sui no- stri mondi. Questa è l’enorme responsabilità che il Nuovo Prometeo ha sulle proprie spalle. Usare il fuoco di questa nuova conoscenza per migliorare lo stile di vita delle persone, per aprire nuove frontiere conoscitive e per ampliare gli orizzonti o per distruggere, soverchiare e impoverire.
Pillola rossa o pillola blu, insomma… Sta a noi decidere dove ci porterà il coniglio bianco e quanto sarà profonda la sua tana.
Jessica Sini
Pubblicazione ItaliaOggi del 24 Aprile 2018:
Era digitale e scenari futuri per il nuovo Dr. Frankestein
Turbo informazioni e superpoteri, oltre i limiti, ovunque e in qualunque momento nella bit-era. <>. L’apocalisse del vecchio mondo e l’arrivo della nuova smart-era. Tutto è amplificato, da una crescita continua esponenziale della scienza e tecnologia. Paradiso o Inferno? Città del futuro con cittadini finalmente liberati e liberi, capaci di autogovernarsi in una società etica o schiavi asserviti a super-dominatori potenziati da software? Appare certo che le macchine del futuro celebreranno il trionfo dell’efficienza e del progresso tecnologico secondo principi di standardizzazione, ma che dire dell’imprevisto e dell’imprevedibile? Si potranno generare infinite opere di Leonardo, di sculture di Michelangelo…Saranno opere interamente prodotte macchine, perfette e senza sbavature, ma senza anima, il soffio vitale soffiato dall’artista nelle narici dell’opera d’arte. Come coniugheremo mente e macchina? E come cambierà il nostro stile di vita? Come trascorreremo il nostro tempo reale/virtuale/cibernetico? Davanti a noi meravigliosi, fantastici scenari di benessere, benvivere si aprono, ma altrettanti spaventosi e e raccapriccianti! Che ne sarà del denaro dominatore, già oggi virtuale? Scomparirà e i mercati anch’essi virtuali saranno alimentati da una finanza di gestione e controllo economico evanescente? La creatività individuale e collettiva, insieme alla tecnologia sempre più avanzata governeranno il mondo! Un mondo complesso e diversificato che rischia di affogare nella marea infinita di informazioni. Sfide grandi attendono l’uomo di oggi, costretto a vivere in una cyber society in cui si muoveranno disoccupati informatici, soggetti a un’ansia da prestazione sempre crescente perché costretti a vivere in ambienti tecnologici sempre più veloci insieme agli eroi dell’Information technology. Se non provvederemo al superamento delle barriere informatiche in continua trasformazione si prospetterà una classe di Superdotati tecnologici versus ipodotati tecnologici; l’una di certo dominante sull’altra. E nascerà ancora un Dr. Frankestein , il Prometeo dotato di supermegabytes, che ruberà il nuovo fuoco-super-microchip agli dei della Sylicon Valley dell’Information Technology per donarlo agli umani illeterati informatici per emanciparli dal loro stato? E riuscirà l’umano scienziato a competere con i superscienzati dell’Olimpo Supertecnologico? Riuscirà a creare un superhuman e lo affiancherà o abbandonerà di nuovo la sua creatura facendone un nuovo mostro? Gli artisti Romantici si sono posti la domanda sulle conseguenze della sfida dell’uomo che ambisce al divino e la Natura ha risposto con la sua vendetta. L’uccisione dell’Albatross da parte del Vecchio Marinaio, l’innaturale creazione della Creatura da parte di Frankestein hanno rappresentato la rottura dell’ordine naturale e hann0 scatenato l’«ira degli dei». Oggi l’uomo si porrà le stesse domande. Come verrà accolta la sfida degli androidi , i replicanti, i cyborg non più nati secondo natura? Trovare risposte a questi e molti altri quesiti e contribuire a stracciare il velo di Maya che ricopre la realtà, è l’obiettivo primario del Centro Studi Neurec. Conoscere per essere consapevoli, pensare per essere cittadini consapevoli e proattivi di una realtà mutevole e complessa.
Jessica Sini
Pubblicazione ItaliaOggi del 10 Aprile 2018:
La Svizzera contro le pseudo criptomonete
La Svizzera ha sgominato una frode da oltre 4 milioni di dollari ai danni di centinaia di risparmiatori elvetici con la finta criptovaluta “e-coin”. Il blocco è avvenuto grazie all’intervento della Finma, (Autorità di regolazione dei mercati svizzera equivalente alla nostra Consob) che ha interrotto l’attività di un’associazione e di due aziende risultate inoltre insolventi e di conseguenza liquidate. Un’azione per banca-rotta è stata intrapresa dall’Autorità elvetica anche per recuperare i soldi degli investitori. L’Autorità ha contestato, tra l’altro, di non avere avuto una licenza bancaria per il trading di monete. Non sarebbe il primo caso scoperto: la Finma sta già investigando su decine di potenziali truffe ai danni di suoi ignari cittadini tramite le finte cryprovalute. L’attenzione svizzera verso il crimine digitale organizzato segue quella cinese in cui le autorità hanno ordinato il bando per le Ico (ovvero le Initial coin offer, ossia l’offerta iniziale di una nuova moneta, in questo caso elettronica) oltre alle precedenti limitazioni all’operatività alle piattaforme di bitcoin. La finta criptovaluta elvetica non era basata sulla tecnologia blockchain e su un database distribuito (la tecnologia che sta alla base, per esempio, dei bitcoin) ma era stata sviluppata internamente dall’associazione e dalle due aziende elvetiche oggetto delle indagini. Le autorità svizzere, pur severe nell’impedire le truffe con pseudo cryprovalute (di cui temono l’emergere di nuove truffe in futuro), hanno, in modo davvero pioneristico, permesso alla confederazione di essere il primo stato in Europa in cui è possibile pagare le tasse in bitcoin (fino a 250 franchi). Secondo la Finma non c’è da sor-prendersi di questo sviluppo di nuove attività finanziarie illecite, anche con le cyprovalute, in virtù del migliorato interscambio di informazioni bancarie voluto dall’Ocse (per volontà in primis Germania ed Italia) e dall’inasprimento della lotta all’elusione fiscale internazionale. Il rigore della Svizzera su tali temi deriva anche dall’aspirazione elvetica a diventare l’hub europeo delle criptomonete, con alcuni cantoni avanguardisti come in cantone Zug, per attrarre nuovi investitori e far tornare l’attrattività sui propri finanziari.
Luca Battanta
Tecniche di credit scoring al servizio delle imprese
Il «credit scoring» ha l’obiettivo di realizzare un servizio di Rating su misura che possa essere alla portata di tutte le società ma anche ditte individuali. E’ utile, infatti, per la gestione del credito, conoscere il livello di affidabilità di un’impresa al fine di evitare ai futuri crediti incassi prolissi, rateizzati o addirittura insoluti; il web è ricco di proposte, anche a prezzi contenuti, che consento-no di ottenere con immediatezza una significativa conoscenza della storia della situazione creditizia delle controparti. Un approccio pragmatico a questa massa di informazioni finanziarie è fornito dallo scoring light, ovvero un “semaforo” del merito creditizio che classifica le aziende abbinando a ciascuna i classici colori verde, giallo o rosso. Vanno considerati con grande attenzione i criteri di ricerca impostati, secondo la pluralità di esigenze e in relazione alle reportistiche di proprio interesse, affinché i colori assegnati dalla banca dati corri-spondano agli obiettivi di merito creditizio voluti. Le piattaforme, innanzitutto, si basano su alcuni database continuamente aggiornati contenenti in-formazioni e comunicazioni ufficiali provenienti da fonti informative del sistema camerale ma anche ad altre fonti, tra cui quelle del sistema interbancario in merito all’affidabilità dei pagamenti. Tali servizi online si affidano, in genere, agli ultimi bilanci depositati e agli indici di redditività e patrimoniali aziendali, oltre ai dati pubblici e riservati cui gli esperti statistici fanno riferimento per creare un report ponderato con l’applicazione di specifici coefficienti correttivi in base alle particolari condizioni della singola azienda.
Leonardo Pace
Pubblicazione ItaliaOggi del 27 Marzo 2018:
Rating legalità: trend ok ma occhio ai vincoli 
Uno strumento realizzato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) che premia quelle aziende che rispettano la legge, che sono trasparenti e che operano secondo sani principi etici: questo è il rating di legalità, attivo dagli inizi del 2013. Ad oggi le società che lo hanno richiesto e ottenuto sono più di 5 mila e stanno aumentando continuamente, anche grazie ai benefici riconosciuti dalla legge: maggiori occasioni di vin-cere bandi pubblici o accedere ai finanziamenti della Pa e maggiore possibilità di ottenere condizioni di credito più vantaggiose dagli istituti bancari. La caratteristiche del rating di legalità sono espresse nel «regolamento attuativo in materia di rating di legalità».
Tale regolamento ha subito nel corso del tempo una serie di revisioni evolutive. Sulla scia di questo percorso di miglioramento continuo del rating di legalità il 9 marzo 2018 L’Agcm ha comunicato una nuova fase di revisione del regolamento avviando una consultazione pubblica e invitando i diversi soggetti interessati a fare pervenire le proprie valutazioni sulla bozza di nuovo regolamento, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione. Secondo l’Osservatorio Legalità dell’Inr una prima osservazione importante sarebbe prevedere l’abbassamento, o addirittura l’annullamento, della soglia di fatturato minimo che è indispensabile avere per ogni Società che richiede il Rating, pena il diniego del Rating stesso. Tale soglia oggi è fissata in 2 milioni di euro di fatturato e, di fatto, non permette a numerosissime aziende del nostro territorio di potere ottenere il rating di legalità.
Un’ulteriore osservazione è relativa ai controlli ad un «campione rappresentativo, uniformemente distribuito sul territorio nazionale, pari al 10% delle imprese in possesso del rating di legalità» da parte della Guardia di Finanza per verificare i singoli profili di regolarità fiscale e contributiva. Tale vincolo potrebbe essere superato dal richiedere alle società candidate al rating di presentare le consuete attestazioni di regolarità contributiva (il Durc dell’Inps), e di assenza di carichi fiscali pendenti presso l’Agenzia delle entrate.
Filippo Amadei
Pubblicazione ItaliaOggi del 13 Marzo 2018: 
Nuove regole Ue sulla privacy, rischio sovrapposizione con le norme italiane
Tutto cambia per la «privacy» in Europa: a maggio vedrà la prima applicazione il nuovo regolamento generale sulla pro- tezione dei dati (Rgpd, in inglese Gdpr, General Data Protection Regulation) che è la normativa (nello specifico Regola- mento Ue 2016/679) grazie alla quale la Commissione europea ha inteso unifor- mare la protezione dei dati personali di cittadini dell’Unione europea (ma anche dei semplici residenti nella Ue), sia all’in- terno che all’esterno dei propri confini. Il testo, pubblicato su Gazzetta Ufficia- le Europea il 4 maggio 2016 ed entrato in vigore il 25 maggio dello stesso anno, inizierà ad avere efficacia il 25 maggio 2018 in quanto, quale regolamento, non richiede alcuna normativa di ricevimento da parte degli stati membri. In sintesi, gli effetti saranno rilevanti per tutti gli operatori in quanto la nuova normativa introdurrà, a livello comunitario, stru- menti importanti quali, tra gli altri, un nuovo glossario (i dati si classificheranno in personali, genetici, biometrici e sulla salute), il diritto alla portabilità dei pro- pri dati ed il diritto all’oblio che diventa diritto alla cancellazione. Ma ancor più innovativo sarà il riferimento alle autho- rity, in quanto ci sarà un coordinamento europeo per cui un cittadino leso nella privacy dall’attività di un’azienda di un altro stato comunitario potrà agire a pro- pria tutela semplicemente rivolgendosi al garante della privacy del proprio paese. E innovativo, per severità, sarà anche il nuovo sistema sanzionatorio: potranno essere inflitti da una semplice ammoni- zione scritta (nei casi di una prima man- cata osservanza non intenzionale) fino a multe pari a 20 milioni di euro o fino al 4% del volume d’affari nei casi più gravi (oltre a pene detentive), passando anche per formule diverse come l’assoggetta- mento ad accertamenti regolari e periodi- ci sulla protezione dei dati in azienda. Il dilemma, a livello italiano, sarà un tema tipico del nostro paese: la nuova normati- va si accavallerà alla preesistente norma- tiva nazionale senza abrogarla, con tutte le ambiguità conseguenti ed i dubbi per gli operatori in merito a quali adempi- menti reputare permanenti piuttosto che superati. In attesa degli agognati, sempre tardivi, chiarimenti.
Nicola Mavellia, Presidente dell’Inr
Sharing Economy in continua crescita
L’utilizzo quotidiano dei servizi basati sulla Sharing economy è in continuo aumento. La visione dell’eco- nomia collaborativa nasce all’inizio del decennio in corso e, come ogni nuovo fenomeno legato al Web, la sua evoluzione è molto dinamica. Tre aggettivi possono descrivere la fase attuale della Sharing economy: sem- plice, accessibile e soprattutto economico. Una piatta- forma per sconfiggere i suoi competitor deve adottare una strategia particolare per differenziarsi, quindi non sorprende trovare migliaia di biciclette per i marcia- piedi delle grandi città italiane. La strategia vincente di tale piattaforma è il «free floating» cioè l’assenza di stalli obbligatori di sosta e costi accessibili a tutti, un’idea semplice che ha rivoluzionato il mercato del Bike sharing. Gli esperti affermano con convinzione che nei prossimi anni la condivisione sostituirà, in buo- na parte, la proprietà stessa del bene: un cittadino non avrà più l’obiettivo di acquistare ma di condividere per soddisfare i propri bisogni. Una situazione che potreb- be sconvolgere molti modelli economici.
Leonardo Pace
Pubblicazione Italia Oggi del 27 Febbraio 2018:
Nasce Neurec, l’Osservatorio di neuroscienze ed economia
«Without light there is no space» diceva Robert Wilson. Accendere il lume della conoscenza su un tema di spiccata attualità quale il comportamento dell’Homo Oeco- nomicus, consente di percepire lo spazio nel quale si muove l’attore economico 2.0. L’indagine sul fun- zionamento del nostro cervello e sui meccanismi che orientano le nostre scelte è un guizzo di luce nel buio, un tassello fondamenta- le negli studi di neuroscienza e neuromarketing. Il mistero della nostra mente e il colossale abis- so della nostra realtà interiore è stato lentamente illuminato dalla scienza. Negli ultimi anni il pro- gresso tecnologico-scientifico ci ha consentito di conoscere del cervel- lo più cose che negli ultimi 5.000 anni. Grazie ai metodi di «braini- maging» (RM, PET, EMC, MTS…),di visualizzazione in tempo reale del nostro cervello, è in atto una vera e propria rivoluzione copernicana in ambito scientifico, tanto dal punto di vista della scoperta di metodi, diagnosi preventive e cure di particolari patologie cerebrali, quanto dal punto di vista antropologico di studio dell’uomo, della società, del mondo in cui ci muoviamo.. Grazie alle tecniche di ‘neuroimaging’ siamo oggi in grado di vedere quali aree del nostro cervello si attivano in risposta a determinati stimoli, interazioni e processi mentali. In altre parole la scienza e la tecnica stanno penetrando nella nostre stanze più segrete. È possibile scrutare e monitorare l’attività del cervello umano: 100 miliardi di neuroni, ognuno dei quali è collegato a 10 mila contatti sinaptici. Nata di recente come branca multidisciplinare, la neuroscienza, indaga tutte quelle connessioni e interconnessioni che la nostra mente allaccia con la realtà, fornisce il trasferimento di conoscenze essenziali per com- prendere il comportamento uma- no e ciò che orienta il processo decisionale. La neuroscienza è in continua evoluzione, poiché il nostro cer- vello e i processi neuronali che sottendono le nostre azioni e decisioni costituiscono un universo misterioso e nebuloso da indaga- re e conoscere. Il comportamento quotidiano, il comportamento decisionale e il comportamento eco- nomico sono processi cerebrali, sono collegamenti neuronali che sono il motore mobile dell’agire. La teoria delle scelte, l’analisi decisionale, l’asimmetria infor- mativa, le analisi differenziali, le matrici opzionali e di scelta sono un tentativo di matematizzare e tradurre in un linguaggio condi- viso il percorso compiuto dal no- stro cervello. Conoscere come co- nosciamo per comprendere come agiamo e come sarebbe corretto agire. Questa è la mission del neonato gruppo di ricerca Neurec, nell’alveo dell’Inr, composto da giovani menti con background culturali differenti. Questa è la vision della neuroscienza applicata all’economia.
Jessica Sini
Pubblicazione Italia Oggi del 13 Febbraio 2018:
Nuovo Oic 11, applicazione da rimandare al 2019
Con la stagione dei bilanci 2018 per gli esercizi chiusi al 2017 ormai in fase avanzata, non è pensabile una immediata applicazione del novellato Oic 11, anche se fosse emanato in questi giorni. I principi e postulati con- tabili, in quanto tali, necessitano di ponderazione, analisi, adattamento alle specificità aziendali per poter essere applicati dagli operatori. Gli organi aziendali, poi, devono avere i loro tempi tecnici per i propri iter di approvazione. Non è quindi seriamente proponibile, in uno stato di diritto ad economia avanzata, l’applicazione immediata o addirittura re- troattiva di un principio contabile (oltremodo delicato come può essere l’Oic 11). Quindi, al più, i nuovi principi dovrebbero vedere la loro prima applicazione dall’esercizio in corso da approvarsi nel 2019, e sarebbe già una forzatura, essendo l’esercizio già avviato. Tale regola generale, infatti, dovrebbe trovare ancor più attenta applicazione al riguardo dell’Oic 11 che è un po’ la “pietra angolare” di tutti gli altri principi nazionali, essendo in esso contenuti le finalità del bilancio d’esercizio ed i suoi postulati. Va poi tenuto conto che l’Oic 11 si applica alla generalità delle imprese, non solo alle società commerciali, ma anche a banche, assicurazioni, società finanziarie ecc., non possiamo quindi certo trattarlo alla stregua delle istruzioni per il montaggio dei noti mobili svedesi.
Nicola Mavellia, Presidente dell’INR
La fatturazione elettronica può avere effetti negativi sul Pil
Una brusca applicazione dell’obbligo di fatturazione elettronica tra aziende private può portare a un indebolimento della crescita del Pil. È quanto emerge da un sondaggio di Inr sulla percezione dell’introduzione di tale obbligo normativo presso i commercialisti. Infatti, se nel lungo periodo è ritenuto plausibile il beneficio dall’effi- cientamento delle attività amministrative, nel breve periodo vi è una percezione del tutto opposta. Alla base delle stime che vedono una crescita del Pil dall’introduzione dell’obbligo della fatturazione elettronica, vi è l’analisi dell’esperienza maturata nella fatturazione verso la Pa. Ma non è ritenuta significativa una correlazione tra la fatturazione elettronica verso la Pa e quella tra privati per più motivi: la minore solvibilità dei clienti, la diffidenza e il timore di sbagliare del piccolo imprenditore nei confronti di uno stru- mento immediatamente trasparente al fisco e ai terzi, il costo e la scarsa padronanza degli strumenti elettronici da parte dei micro imprenditori, sempre più spesso neppure italofoni. Motivi che porteranno un rallen- tamento delle attività con effetti negativi anche sul Pil. La richiesta più frequente è che vi sia un’introduzione graduale dello strumento, come avvenne per la Pa, ad esempio partendo dalle società quotate per poi arrivare, negli anni, verso le realtà minori.
Pubblicazione Italia Oggi del 30 Gennaio 2018: 
“Società sportive dilettantistiche lucrative penalizzate”
Rispetto al disegno di legge «Sbrollini», la Legge di bilancio 2018 ha ridotto di molto l’appetibilità della nuova forma societaria delle Ssd lucrative. L’assoggettamento generalizzato dei ricavi all’Iva (seppur con l’aliquota ridotta al 10%) l’imposizione e la contribuzione ordinaria per le collaborazioni sportive (senza più l’esenzione dei primi 10.000 euro e con l’aliquota piena “Inps ex Enpals” del 33%, ridotta della metà solo per i primi cinque anni), l’assoggettamento agli adempimenti giuslavoristici quali l’obbligo di comunicazione al centro per l’Impiego e l’emissione del cedolino paga e, infine, se si considera l’applicazione dell’Irap anche sui com- pensi sportivi, non basta la sola riduzione del 50% dell’aliquota Ires a portare in guadagno il bilancio di una riorganizzazione in senso lucrativo di una Ssd che oggi gode della ben più vantaggiosa Legge 398 del 1991. Considerando, poi, gli obblighi imposti dalla nuova norma, e le relative incertezze interpretative, quali la presenza di un «direttore tecnico» che sia in possesso del diploma Isef o di laurea in Scienze motorie ma solo “in occasione dell’apertura al pubblico dietro pagamento di corrispettivi a qualsiasi titolo” e l’Iva agevolata applicabile solo “nei confronti di chi pratica l’attività sportiva a titolo occasionale o continuativo in impianti gestiti da tali società”, si creano più dubbi che certezze in chi volesse aprire una Ssd lucrativa, anche alla luce del clima di pregiudizio che si vive spesso in sede di verifica e accertamento fiscale delle realtà sportivo dilettantistiche.
Nicola Mavellia, Presidente dell’INR
“Necessarie ulteriori modifiche ai principi contabili nazionali”
Il percorso di aggiornamento dei principi contabili nazionali non è concluso. Il 9 ottobre 2017 il Consiglio di gestione ha approvato gli emendamenti di alcuni principi contabili pubblicati nel 2016 e la bozza per la consultazione dell’Oic 11, Finalità e postulati del bilancio di esercizio. La necessità di apportare ulteriori modifiche ai principi contabili è stata ravvisata dall’Oic sia alla luce dell’esperienza maturata dagli operatori durante la fase di prima applicazione in riferimento ai bilanci relativi agli esercizi avente inizio a partire dal 1 gennaio 2016 che alle modifiche apportate agli articoli 2423 e 2423-bis del codice civile dal D. Lgs. 139/2015 che hanno reso necessario l’aggiornamento dell’Oic 11 “Finalità e postulati del bilancio d’esercizio”. A conclusione della fase di pubblica consultazione, gli emendamenti sono stati pubblicati nella versione definitiva in data 29 dicembre 2017 e si applicano ai bilanci con esercizio avente inizio a partire dal 1° gennaio 2017 o da data successiva. Pertanto la predisposizione del fascicolo di bilancio al 31 dicembre 2017 deve recepire le nuove disposizioni contenute nei principi emendati, fra i principali – Oic 12 Composizione e schemi del bilancio d’esercizio, Oic 13 Rimanenze, Oic 16 Immobilizzazioni materiali, Oic 17 Bilancio consolidato e metodo del patrimonio netto, Oic 19 Debiti, Oic 21 Partecipazioni, Oic 24 Immobilizzazioni immateriali, Oic 25 Imposte sul reddito, Oic 29 Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzione di errori, fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio, Oic 32 Strumenti finanziari derivati.
Prof. Roberta Provasi
Pubblicazione Italia Oggi del 16 Gennaio 2018: 
“La rispettabilità delle aziende passa dal rating di legalità”
Con questo primo appuntamento viene dato inizio a una serie di pagine attraverso le quali sarà focalizzata l’attenzione su persone, come il presidente dell’Odcec di Brescia, e temi che si ritengono strategici per il futuro delle professioni economiche. L’argomento di oggi è il rating di legalità (e la rispettabilità delle aziende) e la sua attestazione. Non si può dimenticare che in questa epoca la reputa- zione riveste un ruolo centrale. Se nella prima rivoluzione industriale erano elementi strategici le materie prime e poi, via via, la capacità produttiva fino arrivare ad avere come elemento critico l’informazione, oggi la competizione si basa sempre di più sulla reputazione. Il commercio, sia tra imprese che verso i privati, è svolto in misura incessantemente crescente sulle reti telematiche. E non vende di più l’operatore più grande o quello con la storia più antica, ma l’operatore che per combinazione di prodotto/servizio gode, nel momento in cui il potenziale cliente sta per fare click, della migliore reputazione (ovviamente in similarità degli altri parametri valutativi). E come per i canali di irrigazione dove il canale più profondo sottrae l’acqua ai canali più superficiali fino a seccarli, se abbastanza profondo, così c’è poco spazio nel commercio telematico per le posizioni non apicali: se non si è tra le prime scelte dei motori di ricerca non si esiste. E si è nelle prime posizioni dei motori di ricerca se il proprio sito di commercio elettronico è il più ricercato e il sito più ricerca- to è quello che in quel dato momento gode della reputazione migliore. Da un punto di vista generale, è possi- bile sostenere che la rispettabilità di un’azienda possa meglio evidenziarsi proprio dal rating di legalità, pur con tutti suoi limiti, in quanto costituisce un indicatore sintetico ma molto significativo. Ma che cos’è esattamente il rating di legalità? Il rating è una valutazione, anche in questo caso espressa in stellette, da una a tre, di specifici requisiti posseduti da imprese (al momento non è previsto per gli enti non profit non costituiti in for- me societarie) residenti in Italia, con un fatturato minimo di 2 milioni di euro e almeno due anni di iscrizione al registro delle imprese. Nasce come strumento di premialità per le imprese virtuose con la legge n. 27 del 2012 e n. 62 dello stesso anno, nell’auspicio di promuovere l’adozione di comportamenti etici e trasparenti da parte delle aziende. Il rating di legalità è rilasciato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm, meglio nota come «Antitrust») su richiesta delle imprese tramite la presentazione di una domanda di attribuzione e la compilazione di un modulo di autocertificazione. Una volta ottenuto il rating l’autorità iscrive l’azienda nell’elenco pubblico delle imprese dotate di rating di legalità con il punteggio corrispondente ai requisiti posseduti. Dalla fine del 2017 l’ottenimento del rating è annotato anche presso il registro delle imprese e quindi presente sulle relative visure camerali. In definitiva, in sintesi estrema, alle imprese basta presentare un’autocertificazione dei requi- siti e l’Agcm riconosce il rating sulla base delle dichiarazioni contenute nella domanda, previa una verifica ottenuta tramite controlli incrociati con i dati in possesso delle pubbliche amministrazioni interessate.
È opportuno ponderare bene la domanda e i propri requisiti. Infatti, affermazioni inesatte e l’attribuirsi requisiti non del tutto posseduti pos sono facilmente determinare l’avvio di una procedura per la comminazione di sanzioni penali per dichiarazioni mendaci, ottenendo così un effetto esattamente opposto a quello desiderato. Inoltre, l’autocertificazione pone dei limiti in termini di riscontro dei requisiti dichiarati. L’autorità, infatti, grazie alle banche dati e alla collaborazione delle altre p.a., può verificare i requisiti soggettivi delle imprese e degli individui che le compongono ma non può appurare la presenza di altri requisiti «endogeni» all’impresa quali, per esempio, l’effettiva implementazione delle procedure ex legge 231/2001 o l’aver concretamente adottato modelli organizzativi di prevenzione e di contrasto della corruzione. Per superare tale ultimo limite, l’Inr con questo nuovo anno avvierà una procedura di validazione tramite la quale, le imprese che lo desiderano, potranno far verificare anche la presenza dei requisiti interni e organizzativi, potendo così godere appieno, anche in termini comunicazionali, del punteggio del rating ottenuto, oltre alle altre premialità previste dalla normativa quali un migliore accesso al credito bancario e migliori possibilità di accesso ai finanziamenti pubblici. Il possesso del rating, inoltre, è stato introdotto come criterio premiale in un numero sempre crescenti di bandi pubblici e anche nel nuovo Codice de- gli appalti e delle concessioni.
Nicola A. M. Mavellia, Presidente Inr